Pubblico qui sotto la lettera con cui fr. Michele, guardiano e parroco, presenta ai parrocchiani l’iniziativa natalizia dei frati cappuccini a Sciacca. A seguire un video nel quale l’iniziativa è presentata più estesamente
“Il Dono del Natale”
“Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. (Lc 2,6-7).
E’ vero! Dobbiamo riconoscerlo, spesso il Natale è vissuto come una festa che induce al consumismo, alla gioia artificiale e artificiosa, data da luci colori e tanto altro, elementi tutti che rischiano di farci perdere l’essenziale.
Però è anche vero che le luci, gli addobbi richiamano ed evocano Gesù luce del mondo, che è venuto per dare gioia. Anche il pranzo natalizio, in qualsiasi modo si svolga, è un invito a riaccendere le relazioni con i familiari e gli amici.
Ma oggi vorrei soffermarmi sul titolo di questa lettera che è anche il titolo dell’iniziativa caritativa che come parrocchia stiamo vivendo in questo particolarissimo natale 2020.
Il Dono del natale. Qual è, chi è il dono che ci è stato fatto? Un figlio ci è stato donato dice Isaia. Il Dono è Gesù bambino, un dono che ha cambiato le sorti dell’umanità di tutti i tempi e che ha arricchito con la sua povertà l’umanità intera. Eppure questo dono -Gesù – nasce povero, bisognoso di cure, di attenzioni. Gesù è un essere indigente, non è autosufficiente, non basta a se stesso, Lui è il segno di un Dio che si è fatto povero, bisognoso. Alla luce di questa rivelazione, penso che un po’ tutti dovremmo sentirci così, poveri, indigenti. Vivere il senso dell’indigenza vuol dire aprirsi e cercare di colmarla. Essa non è un limite, ma può diventare la radice di una grande apertura. Quando uno si sente indigente esce da sé stesso per incontrarsi con altri e arricchirsi dei doni e dei valori presenti in loro. Egli si proietta oltre il proprio sé, si trascende, e va oltre i propri limiti. Vivere è un continuo uscire, e uscire vuol dire camminare, e camminare vuol dire anche sbagliare. Accettare i propri sbagli, non vuol dire essere perfetti, saper vivere nell’imperfezione, acconsentire di non poter essere la persona che sogniamo, è la strada che porta alla serenità e anche all’impegno.
Penso allora che la cosa più bella che possiamo regalarci in questo Natale è lavorare su noi stessi, rinunciando ad essere perfetti. Accettiamo, le ombre, i limiti propri dell’essere creature fragili e umani. Questo è il modo di essere umani. Dio non ci vuole perfetti, ma umani, capaci essere di misericordiosi con noi stessi e con gli altri.
Questo il senso dell’iniziativa caritativa “Il Dono del Natale”. Per uscire dalla nostra indigenza, cioè dall’estremo bisogno di amare e di essere amati, per colmare questo senso di vuoto e di insoddisfazione, faremo dei doni ai bambini “di famiglie indigenti” così ci arricchiremo dell’amore presente in ciascuno di loro.
Buon Natale e felice anno nuovo! Il Parroco fr. Michele
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